Tutela della proprietà intellettuale: diritto d’autore e “degli autori”
I diritti di proprietà intellettuale
L’attività creativa umana è strettamente legata all’idea di proprietà. Nell’età moderna, i beni immateriali, come le opere dell’ingegno, hanno sempre assunto rilevanza economica. Rilevanza che, col passare degli anni, è costantemente aumentata.
Non a caso, il tema della tutela dei diritti legati alle scoperte, alle invenzioni ed alle creazioni era ben noto anche ai commentatori del diciannovesimo secolo, tanto che i termini “proprietà intellettuale” fanno certamente parte del glossario dei Georgofili, dalla seconda metà dell’800. Proprio in seno alla Reale Accademia economicoagraria dei Georgofili, nel 1867, Gilberto Govi, definendosi “partigiano della proprietà intellettuale” la definisce come “la prima e la sola vera proprietà”.
Parlando di proprietà intellettuale, quindi, si fa riferimento all’apparato di principi che mirano alla tutela degli autori e dei i frutti dell’ingegnosità e dell’inventiva umana.
A tale concetto, dunque, fanno tradizionalmente capo tre distinte aree: diritto d’autore, diritto dei brevetti e diritto dei marchi.
Codice della proprietà intellettuale
Quanto alle fonti del diritto italiano, possiamo citare:
- regio decreto 1127 del 1939, c.d. legge sulle invenzioni
- regio decreto 1411 del 1940, c.d. legge sui modelli
- regio decreto 929 del 1942, c.d. legge sui marchi
Ad oggi, queste norme sono state superate dal Codice della proprietà industriale (decreto legislativo n.30 del 10 febbraio 2005).
In ordine al diritto d’autore, possiamo risalire al regio decreto n. 1950 del 1925 “Disposizioni sul diritto di autore”. Questo decreto è entrato in vigore il 10 settembre 1926, poi convertito dalla legge 18 marzo 1926 n. 562, ed infine abrogato dalla legge 22 aprile 1941 n. 633, che rappresenta ancora oggi, in un testo più volte aggiornato, la legge italiana sul diritto d’autore.
Non esiste, quindi, un codice unitario sulla proprietà intellettuale, atteso il fatto che la disciplina del diritto d’autore ha mantenuto una propria autonomia e non è stata inglobata nel codice della proprietà industriale (che ha per oggetto “marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali”).
Proprietà intellettuale e diritto d’autore
Dunque, i concetti di tutela della proprietà intellettuale e diritto d’autore, stanno tra loro in rapporto di genere a specie. Per definire in concreto l’estensione del diritto d’autore, è opportuno fare riferimento all’articolo 1 della legge 633/41, il quale recita:
“Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata e resa esecutiva con legge 20 giugno 1978, n. 399, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore.”
Software e tutela diritto d’autore
Si comprende, quindi, che ciò che caratterizza il sottoambito del diritto d’autore, nel più ampio genus della proprietà intellettuale è l’aspetto creativo ed artistico delle opere. Non deve meravigliare il fatto che anche il software ricada sotto l’egida della normativa in esame, basti pensare a quanto tale strumento riesca a dare forma all’inventiva umana ed anche a quanto si stia sviluppando la digital art.
Ad ogni modo, la scelta del legislatore italiano, non è certo un’eccezione nel panorama internazionale. Anzi, il primo ordinamento che ha espressamente preso posizione sul tema è stato quello statunitense che, nel 1980, con il Computer Software Amendment Act, ne ha disposto la tutela della proprietà intellettuale, proprio nell’ambito del diritto d’autore.
L’autore del software è la persona fisica che lo ha creato. Quando, come spesso accade, alla realizzazione creativa collaborano in modi indistinguibili più soggetti, si considerano tutti coautori dell’opera in comunione.
Il software è spesso frutto del lavoro di più persone. Si consideri che l’apporto dei diversi programmatori può essere di vario genere e che, di conseguenza, il programma può rivestire i caratteri dell’opera in comunione o dell’opera collettiva.
Opere collettive, composte ed in comunione
Quando il frutto dell’ingegno è il risultato di un processo a più mani
Accade spesso che un opera nasca dalla collaborazione di più persone. I brani musicali sono il classico esempio di creazione artistica frutto della collaborazione di più menti. Ma possiamo trovare altrettanto facilmente libri, fumetti o soggetti cinematografici in cui figurano più autori. In questo contributo, prendendo spunto da un recente caso pratico legato alla tutela della proprietà intellettuale prospettatosi alla mia attenzione, si vuole evidenziare come si delinea il diritto d’autore nelle opere in comunione.
Analizziamo, quindi, come sono delineate le opere collettive, quelle composte e quelle in comunione.
Al termine di un percorso creativo lungo il quale vi è stato il passaggio di più soggetti, possiamo trovarci di fronte alla nascita di un opera collettiva, composta, o in comunione.
Opere collettive
Secondo la definizione dell’art. 3 della legge sul diritto d’autore, sono opere collettive quelle “costituite dalla riunione di opere o di parti di opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico od artistico, quali le enciclopedie, i dizionari, le antologie, le riviste e i giornali, sono protette come opere originali indipendentemente e senza pregiudizio dei diritti di autore sulle opere o sulle parti di opere di cui sono composte”. In questo caso, a detta del successivo articolo 7, “è considerato autore dell’opera collettiva chi organizza e dirige la creazione dell’opera stessa”.
L’articolo 38, poi, dispone che “nell’opera collettiva, salvo patto in contrario, il diritto di utilizzazione economica spetta all’editore dell’opera stessa (…) ai singoli collaboratori dell’opera collettiva è riservato il diritto di utilizzare la propria opera separatamente (…)”.
Opere composte
Se nelle opere collettive, le singole parti, realizzate dai diversi autori, rimangono distinte ed autonome, nelle opere composte, la suddivisione delle varie parti (e la loro fruizione separata) porta ad un risultato assai diverso da quello dell’opera considerata come un insieme unitario.
Nella legge sul diritto d’autore non si parla espressamente di opere composte, ma alcune disposizioni, sebbene in assenza di un inquadramento generale, sembrano dettate appositamente per tale fattispecie. Tra queste, ad esempio, si trovano le norme di cui agli articoli 33 e seguenti (dedicati alle “opere drammatico-musicali, composizioni musicali con parole, opere coreografiche e pantomimiche”).
In questi casi il principio generale è che, salvo patti contrari tra gli autori, l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica spetta all’autore della parte ritenuta prevalente. Il profitto derivante dalla utilizzazione economica è ripartito in proporzione del valore delle rispettive parti. Ciascun autore ha, poi, diritto di utilizzare separatamente e indipendentemente la propria opera (anche se in tal caso le legge pone delle restrizioni).
In ordine al rapporto di valore tra le varie parti dell’opera composta, la legge sul diritto d’autore pone alcune presunzioni, ad esempio “nelle opere liriche si considera che il valore della parte musicale rappresenti la frazione di tre quarti del valore complessivo dell’opera. Nelle operette, nei melologhi, nelle composizioni musicali con parole, nei balli e balletti musicali, il valore dei due contributi si considera uguale” (art. 34 ).
Opere in comunione
Si hanno, infine, le opere in comunione, ovvero quelle realizzate con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone (articolo 10, comma 3 legge sul diritto d’autore).
In quest’ultimo caso, quindi, sempre a mente dell’articolo 10 “il diritto d’autore appartiene in comune a tutti i coautori.
Le parti indivise si presumono di valore uguale, salvo la prova per iscritto di diverso accordo.
Sono applicabili le disposizioni che regolano la comunione. La difesa del diritto morale può peraltro essere sempre esercitata individualmente da ciascun coautore e l’opera non può essere pubblicata, se inedita, né può essere modificata o utilizzata in forma diversa da quella della prima pubblicazione, senza l’accordo di tutti i coautori. Tuttavia, in caso di ingiustificato rifiuto di uno o più coautori, la pubblicazione, la modificazione o la nuova utilizzazione dell’opera può essere autorizzata dall’autorità giudiziaria, alle condizioni e con le modalità da essa stabilita.”
Il dettato normativo è, tutto sommato, chiaro: il diritto d’autore è comune a tutti i coautori, e le decisioni relative all’opera devono essere prese con l’accordo di tutti. Il diritto morale d’autore, invece, può essere difeso da ogni singolo coautore.
Avv. Alessandro Marchetti