Diverse categorie di quote sociali nella startup innovativa

Diverse categorie di quote sociali

L’atto costitutivo di una startup innovativa, costituita in forma di s.r.l., può prevedere una o più categorie di quote di partecipazione che godono di diritti diversi. 
Per di più, le startup possono determinare liberamente il contenuto di tali categorie di quote. 

I limiti della s.r.l. “tradizionale” 

Tale facoltà è invece interdetta alle comuni società a responsabilità limitata. Le norme applicabili alle s.r.l. “comuni” tendono ad assicurare il collegamento soggettivo tra la quota sociale e la chi la possiede.

Nel caso delle startup innovative è possibile attribuire diritti speciali non solo al singolo socio, ma anche ad una determinata categoria di quote sociali.
Si potranno creare, quindi, categorie diverse, dotate di diversi diritti, sia dal punto di vista amministrativo che da quello patrimoniale, come disciplinato dal terzo comma dell’art. 26 del “decreto crescita 2.0”. 

Esso autorizza la creazione di categorie di quote che sono prive di diritto di voto o che attribuiscano tale diritto in misura non proporzionale alle quote; o ancora che limitino il diritto di voto a specifici argomenti, o subordinatamente al verificarsi di una data condizione.

Quindi sebbene la scelta sia vasta, incontra dei limiti. Questi risiedono nelle norme che incarnano i principi fondamentali di funzionamento delle società per azioni o in quelle che definiscono in particolare le startup innovative. Non potrà, ad esempio, essere aggirato il divieto di distribuzione degli utili entro i primi 60 mesi dalla costituzione.

Strumenti finanziari partecipativi nelle srl

Pur senza effettuare un richiamo esplicito al contenuto dell’art. 2346 codice civile (in tema di strumenti finanziari partecipativi, nell’ambito della disciplina delle società per azioni), l’art. 26 del decreto legge 179/2012, al settimo comma,  consente anche alle startup innovative il ricorso allo stumento previsto al comma 6 della norma codicistica. 

Infatti, l’art. 26 prevede che l’atto costitutivo di una startup innovativa, costituita sotto forma di società a responsabilità limitata, preveda “a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, l’emissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nelle decisioni dei soci ai sensi degli articoli 2479 e 2479-bis del codice civile”.

Si noti, peraltro, che le deroghe al diritto societario di cui ci siamo appena occupati (contenute nell’art. 26 del c.d. decreto crescita 2.0). sono estese anche alle PMI innovative costituite in forma di s.r.l..

Tali strumenti finanziari si pongono in una posizione intermedia rispetto alla partecipazione al capitale di rischio (si differenziano dalle azioni perché le risorse reperite tramite l’emissione di detti strumenti non si possono imputare al capitale) ed alla partecipazione al capitale di credito (a differenza delle obbligazioni, infatti, i titolari di tali strumenti vantano diritti amministrativi che, generalmente, non spettano agli obbligazionisti).

Un investimento effettuato con questi strumenti, dunque, si pone a metà strada il tra capitale di rischio ed il capitale di debito. Da una parte gli investitori, oltre che di privilegi patrimoniali, potranno essere soggetti di diritti di controllo normalmente riservati ai soci. Dall’altra, i soci fondatori non vedranno diminuire la propria quota di partecipazione.

La possibilità di emettere strumenti finanziari partecipativi nelle startup deve essere prevista in statuto e i soci devono disciplinarne il contenuto, le condizioni di emissione ed eventualmente di circolazione, nonché le eventuali sanzioni in caso di inadempimento. 

Ai sensi dell’art. 30 del decreto crescita 2.0, tali strumenti finanziari partecipativi nelle srl, possono costituire l’oggetto di un’offerta al pubblico eseguita tramite portali on line.

Gli incentivi in favore di amministratori, dipendenti e collaboratori

Ulteriore condizione di favore, è data dall’art. 27 del decreto crescita 2.0. Difatti, la norma statuisce che, a determinate condizioni, “il reddito di lavoro derivante dall’assegnazione, da parte delle startup innovative (…omissis…) ai propri amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi di strumenti finanziari o di ogni altro diritto o incentivo che preveda l’attribuzione di strumenti finanziari o diritti similari, nonché dall’esercizio di diritti di opzione attribuiti per l’acquisto di tali strumenti finanziari, non concorre alla formazione del reddito imponibile dei suddetti soggetti, sia ai fini fiscali, sia ai fini contributivi”.

L’agevolazione (prevista anche in riferimento all’assegnazione di azioni o quote) è sottoposta al vincolo del mancato riacquisto di tali strumenti da parte della start up o da parte di soggetti direttamente controllati o che controllano la stessa.

Avv. Alessandro Marchetti